Il blitz

Fa caldo a Roma, un caldo particolare soprattutto se sei all’Eur, il posto irreale per eccellenza, costruito artificialmente lungo il Tevere e talmente bianco che anche la sera, quando è caldo fa, più caldo ancora. All’Eur si danno appuntamento gli amanti, all’imbrunire, ma in quella macchina sono in quattro ed evidentemente non amano nessuno. Chiacchierano fitto fitto e guardano l’ingresso della Ditta attendendo le ultime frettolose uscite.

“Ho le chiavi” dice lo Zoppo alle altre tre donne che stanno chiuse con lui nell’auto morendo di caldo. E’ fine luglio e mentre tutti progettano le vacanze estive loro devono portare a segno una missione. “Mentre parlo col portiere voi salite senza farvi registrare, ci vediamo su, davanti alla porta”. Scendono e vanno in fretta davanti al grandissimo edificio, in un attimo sono dentro, controlli zero, sono tutti alla Festa.

Davanti alla porta si accorgono di non essere soli, li aspetta il Duca con un telefonino in mano. “Avevamo detto di lasciare tutti i cellulari e i documenti?” chiede la Smilza con la solita ansia che la attanaglia. Lo Zoppo la rassicura “Non stiamo facendo nulla di illegale e proprio per questo il Duca filmerà tutto per nostra tutela, chiaro? Alle telecamere ci ho già pensato, tanto le controlliamo noi”.

Il quintetto lavora per la Ditta dove, come in ogni film giallo che si rispetti, l’unico a non avere una posizione di riguardo è lo Zoppo, che comunque si atteggia a capo banda per sue personali e particolari esperienze, un modo elegante per dire che in mezzo a storie strane lui c’è già passato.

Il Duca accende il telefonino e comincia a riprendere, prima tutti i volti e poi il posto che si apre davanti a loro come la caverna di Alì Babà. Il video che nei giorni a seguire girerà molto fa vedere quattro persone che cercano senza rovistare, toccano meno possibile e parlano tra loro in maniera concitata. La camera scorre su tutto quel bianco, riprende mani che spostano e rimettono a posto, cassetti che si aprono e sguardi che scrutano. L’unico a non aprire bocca, a non farsi sentire è proprio il Duca che dirige l’operazione a sguardi e gesti. Ogni tanto s’inquadra il suo indice puntato su qualcosa e la voce affannata di Wendy che chiede se per caso si stesse commettendo qualcosa di illegale. “Nulla è illegale quando si cerca di la verità” filosofeggia lo Zoppo mentre la Marchesa con il suo solito tatto le ricorda che se avesse voluto avrebbe potuto puntare i piedi prima, che certi dubbi poteva esternarli subito, che il momento, la concomitanza con la Festa e l’assenza di personale nel palazzo, era propizio e non si sarebbe ripresentato per molto tempo.

Un paio di minuti ancora e la camera si spegne, poco prima che tutta la squadra lasci l’ufficio e richiuda la porta dietro di se. Quello che la camera non riprende è il Duca stesso che mentre i quattro stanno volando giù dalle scale, ognuno con una cartella sotto il braccio, torna indietro e si prende la ricompensa, il bottino che mentre loro affannosamente vagavano per le tre stanze, aveva ammucchiato su un tavolino: tre penne usb, un’agenda verde e una piccola valigetta di pelle. Un’occhiata intorno e chiude la porta dietro di se. Prima di salutare il portiere, educato come sempre, va a riattivare il sistema di sorveglianza del piano depositando la sua pesca miracolosa nella cassaforte del suo ufficio.

A Roma fa caldo, il caldo appiccicoso dell’inizio di un ancora più caldo agosto. L’Eur non ha la vita che negli stessi momenti abita il resto della Città eterna. L’aria è umida, pesante sulla pelle. Chiusi gli uffici rimane il quartiere desolato degli amanti, piccoli e soli nella tempesta dell’estate. Quattro passi e il Duca è sulla sua auto, dritto verso il mare. La notte comincia ad avvolgere i suoi pensieri, sempre più confusi. E’ stato facile, veloce, indolore. Dovrebbe essere soddisfatto ma ha paura.