Croce Rossa: ci mancava la finanza

Prima di introdurre l’argomento di oggi vorrei sottoporvi un paio di concetti ma non dite che sono sempre io a mettere zizzania, perché non è vero, è che quando scopro certe cose, tenute opportunamente celate da chi invece ne dovrebbe rendere conto mi trasformo in una zecca fastidiosa, e in tutto il resto.

Cos’è un comitato strategico in un’azienda? Il ragionier Fantozzi Ugo avrebbe risposto “dicesi comitato strategico…quel gruppo di persone che ha un ruolo consultivo e propositivo nei contronti della governance di un’azienda commerciale di elevato livello. La sua attività si esplica, nell’ambito delle strategie e delle politiche approvate dal Consiglio di Amministrazione, attraverso la definizione di linee guida strategiche di business, di portafoglio e di linee guida e politiche in materia di finanza strategica e per singole operazioni di finanza straordinaria, monitorando il progresso della loro attuazione nel tempo. Ugo Fantozzi avrebbe risposto “accipicchia”? Non lo so. Andiamo avanti con il secondo concetto.

Cos’è JCI Capital, dove JCI sta per Join and Connect to Innovation? E’ una “società britannica con stabile organizzazione in Italia specializzata in servizi di asset management, investment banking e capital markets che offre i propri servizi a clientela professionale, istituzionale e corporate con un elevato standard di personalizzazione, qualità e trasparenza operando in maniera indipendente nel mercato finanziario internazionale con un approccio dinamico e flessibile, affiancando le imprese nei loro percorsi di crescita, proponendo soluzioni di investimento finalizzate a ottenere il miglior rendimento”. Insomma una Società con i controfiocchi che fa guadagnare soldi veri a chi li affida loro o si rimette ai loro consigli, mica beneficenza o chiacchiere, tanto che la JCI Capital è iscritta nel registro nazionale tenuto dalla CONSOB come Società di Investimenti di diritto europeo.

La JCI Capital opera in Italia dal 2013 ed ha seguito numerose operazioni speculative, tra le quali la quotazione in Borsa del gruppo Healt Italia, azienda leader nel mercato della promozione di soluzioni di sanità integrativa e sostitutiva e che eroga servizi amministrativi, liquidativi, informatici e consulenziali a Fondi Sanitari, Casse di assistenza sanitaria e soprattutto a Società di Mutuo Soccorso .

Però nel discorso mi comincio a smarrire tra un angolo e l’altro; insomma, la notizia quale sarebbe? Che nel Comitato Strategico di questa nuovissima creatura dell’economia speculativa europea siedono vicini vicini Franco Frattini, Giulio Tremonti e Francesco Rocca, si proprio il nostro beneamato che probabilmente tra la carica di Presidente nazionale e quella di Presidente della Federazione Internazionale di Croce Rossa che ha trovato modo di ritagliarsi un po’ di tempo libero per dedicarsi alla sua passione dominante, il denaro e le speculazioni finanziarie. Cos’hanno in comune questi tre signori, i tre fratelli pescatori come quelli della famosa canzone? Tantissime cose. La prima, le altre allieteranno le nostre ferie estive con una serie di articoli dedicati, la prima dicevo è che Frattini e Tremonti erano ministri nel Governo Berlusconi che ha nominato il nostro inossidabile alla carica di Commissario Straordinario dell’Ente Cri nel novembre del 2008 e non mi sembra un legame di poco conto.

Cosa c’entra il nostro Mondo, quello fatto di Principi e Valori, di Umanità ed Indipendenza, di Neutralità e Volontarietà, quello coperto con i cinque quadrati rossi in campo bianco con la finanza d’assalto, le quotazioni in borsa e la diversificazione dei grandi patrimoni? Teoricamente un beneamato nulla, praticamente invece tantissimo, perché nella paginetta delle biografie Esso cita proprio la sua doppia presidenza quale skill personale, quale ragione di essere proprio lui in quel posto, seduto tra i suoi amici di sempre nel salotto buono di una finanza che non regala ma prende sempre, che non fa crescere altro che patrimoni già pasciuti, che potrebbe utilizzare i propri raiders per speculare e spazzolare anche le risorse di quei Paesi dove il beneamato si reca con la lacrimuccia e la manina sul cuore a portare un pacco di pannolini quando nel suo board di Milano può decidere di delocalizzare le risorse o utilizzare qualcuno dei propri market maker, tutte le principali banche d’investimento.

Il nostro fantastico istrione ci aveva già lusingati con uno splendido campionario di doppie vite e fantasiose frequentazioni ma non finirà mai di stupirci, non riusciremo mai a stupirci proprio noi che abbiamo sempre saputo di avere a che fare con gente che dietro i Principi nasconde i propri interessi, che utilizza i curricula costruiti all’interno dell’Associazione di volontariato più grande d’Italia per il proprio ludibrio personale, che è sempre pronta a puntare il ditino contro chiunque osi mettere in dubbio il castello di carte su cui hanno appoggiato un immeritato riscatto sociale, proprio noi che abbiamo costruito con le nostre braccia un’Istituzione che questi signori non ci hanno fatto trovare più nelle nostre mani. In questi ultimi anni con la scusa della privatizzazione ne abbiamo viste di tutti i colori. Il problema non è più nell’aziendalizzazione e nella politicizzazione di un’Idea, nel fiancheggiamento di mondi troppo oscuri per essere raccontati ma oggi anche nel collocamento ai vertici della finanza speculativa di personaggi che con il nostro mondo, quello del volontariato militante, non hanno mai avuto nulla a che fare, personaggi che devono scendere dai loro piedistalli per il bene dell’Istituzione e del paese. Di danni evidenti, assieme alla schiera dei loro piccoli imitatori, ne hanno recati fin troppi.