Croce Rossa: tanta uva, pochissime volpi.

Non è andata come raccontano, la Volpe all’uva c’è arrivata, l’ha assaggiata e non le è piaciuta. Credeva fosse vino, che in fondo si produce partendo proprio dall’uva, e invece non era così. Ed allora si è messa buona buona ad aspettare che qualcuno al posto suo cogliesse il grappolo e lo facesse fermentare. Un tizio che passava li vicino l’ha vista sdraiata sotto i pampini e si è fatto un film, una storia a suo uso e consumo, come piaceva a lui.

Questa in fondo è anche la storia della nostra Croce Rossa, uno schermo sul quale ci passano avanti scene su scene e che in troppi interpretano come vogliono, senza capirne la natura, senza verificarne mai cause ed effetti. Piuttosto scrivendosi un copione, il più adatto alle loro esigenze del momento, salvo cambiarlo radicalmente alla bisogna.

Questa può essere tranquillamente la chiave di lettura della vicenda dei Corpi Ausiliari in questo momento. Partendo da un peccato originale che nessuno ha avuto mai intenzione di emendare e che è la chiave di lettura della deriva di tutto il sistema. Croce Rossa, come ho detto più volte, non è un’organizzazione di volontariato qualsiasi, nasce non per convenzione ma per Legge ed è la Legge a descriverla come fondata su tre Componenti. Le due Componenti militari hanno ognuna un vertice, a sua volta designato all’esterno dell’organizzazione da altissime cariche istituzionali, mentre la Componente dei Volontari non ha un vertice espresso come accadeva nel periodo in cui le Componenti erano sei, sottoposte a loro volta alla direzione di un vertice, Commissario o Presidente che fosse. Si ritiene erroneamente quindi che il vertice della Componente dei Volontari sia coincidente con il Presidente nazionale e non è così, c’è un vuoto regolamentare. Come erroneamente si attribuisce una primazia alla Componente dei Volontari mentre la Legge disegna le tre Componenti come equiparate. Ed ancora si sbaglia quando si ritiene che in capo al Volontario militare esista una doppia qualifica, una doppia appartenenza. Questa confusione è generata ancora di più attraverso il nuovo percorso di ingresso nelle Componenti militari, dove si dimentica che, nonostante il corso di accesso nell’Associazione, la qualifica nuova di Socio militare nella Croce Rossa è attribuita ai richiedenti non con una delibera di consiglio direttivo che in quel caso ha il solo potere ricognitivo e non costitutivo, ma attraverso un decreto del Comandante del Centro di Mobilitazione per il personale di assistenza o del Ministro della Difesa o del Capo dello Stato nel caso di personale direttivo, a seconda se rivesta già o meno la qualità di Ufficiale delle Forze Armate della Repubblica.

Non si riesce a capire se esista un disegno che attraverso la disapplicazione di norme chiare e ben circostanziate sia mirato al dissolvimento delle prerogative dei Corpi Ausiliari della Cri. Tra i tanti a disposizione faccio l’esempio di un caso specifico e purtroppo molto praticato. E’ il caso delle Sorelle che rivestono incarichi di vertice nel Corpo , a volte anche nell’Ufficio Direttivo Centrale, e che contemporaneamente ed in spregio ai regolamenti vigenti continuano ad assolvere anche incarichi direttivi nei Comitati territoriali. Una pecca che oltre ad implicare la decadenza da entrambe le cariche nonché l’inefficacia immediata di tutti gli atti compiuti nei due Uffici denuncia a gran voce l’omissione di ogni controllo e la voglia di non applicare, ad personam, le norme imperative e quelle regolamentari, oltre naturalmente alla brama di potere di chi, in un’organizzazione di volontariato, si accanisce a non mollare alcuna poltrona occupando anche gli strapuntini con soprabito, cappello, borsa e giornale pur di avere il controllo su una situazione che non dovrebbe portare onori ma soltanto gravosi oneri. Poi pensiamo che ci sono molti che si sbattono per avere più poltrone possibili e ci rendiamo conto che, gratta gratta, qualcosa sotto deve pur uscire fuori, altrimenti si tratterebbe solo di sfrenato narcisismo, cose che ugualmente non va bene.

Questa confusione genera anche la disgraziata usanza di sanzionare disciplinarmente le Sorelle da parte dei Consigli direttivi dei Comitati, in eccesso evidente di potere. La base normativa su cui si poggia questa triste abitudine è una pura leggenda e vede le Sorelle avere la loro qualità soltanto quando hanno il velo in testa, mentre per tutti il resto della vita sono Volontarie e quindi soggette all’arbitrio dei loro Presidenti. Mi spiace deludere i tifosi di tale consuetudine. La differenza di fondo tra i Volontari delle Componenti militari dal resto del popolo di Croce Rossa è che questi sono soggetti a precetto da parte della Pubblica Autorità. Per l’efficacia di tale soggezione la qualità di membro di Corpo Ausiliario alle Forze Armate non è intermittente ma permane sempre. Il fatto che questo vezzo sia un arbitrio, arbitrio e basta, deriva anche la conseguenza che alcuni Presidenti, soggetti a procedimento penale, non vengano sospesi, in spregio al regolamento e con l’eventuale giustificazione che il fatto illecito è stato commesso senza vestire l’uniforme. Accade in Emilia Romagna, in Puglia, In Calabria, nel Lazio ed in molti altri luoghi. Dispiace anche il fatto che l’Ispettrice nazionale delle Crocerossine, quella che doveva dimostrare il cambio di passo, che doveva chiudere una pagina per aprirne un altra, non tuteli affatto le proprie Sorelle né le prerogative del Corpo che le è stato affidato dalle mani del Presidente del Consiglio dei Ministri, arrivando a non rispondere alle sollecitazioni che le rivolgono per iscritto, e non ricevere quelle che chiedono di essere messe a rapporto, a non aprire il sereno e costruttivo dialogo che i rappresentanti del Sindacato dei Militari, ben radicato anche nei Corpi Ausiliari della Croce Rossa, hanno più volte desiderato instaurare.

La decadenza generale che questa situazione dimostra richiede un impegno da parte di tutti i Volontari ancora più massiccio. Troppa è l’uva che pende e pochissime le Volpi che cercano di agguantarla mirando a sapori differenti, tanto che è necessaria chiarezza e dialogo, anche per non distribuire agli osservatori esterni quell’impressione di disarticolazione ed inefficienza che ormai è diffusa e consolidata.