23 Marzo 2024

Briciole per i dipendenti

By Cristiano Degni

C’è un copione che si ripete, c’è un’Associazione che di umanitario ormai ha veramente poco, ci sono vulnerabilità che vengono aggravate invece di essere alleviate e i dipendenti sono i primi a rimetterci. Croce Rossa Italiana si è voluta fare azienda ma non è in grado di sostenere nemmeno se stessa e nessuno vuole fare qualcosa.

C’è una pandemia che sta prendendo drammaticamente tutto il Paese, da nord a sud si moltiplicano gli appelli all’aiuto di persone che hanno creduto in un emblema e che continuano a lavorare, a prestare la propria opera in situazioni ormai insostenibili. L’ultimo grido di allarme arriva da Avezzano, dove i lavoratori dipendenti dal Comitato della Croce Rossa Italiana sono in agitazione e ci fanno leggere il solito copione. Un copione fatto di mancato pagamento delle retribuzioni, straordinari a cascata, condizioni di lavoro pessime e un’aziendalizzazione che non incontra la sua adeguata sostenibilità.

Fui tra i primi a denunciare un modello che non si reggeva in piedi, fatto di clientelismi nelle assunzioni, di trattamento inadeguato del personale dipendente, di vessazioni, di condizioni igienico-sanitarie pessime, di divieto di colloquio dei dipendenti, mancanza dei dispositivi di protezione individuali e tutto il corollario che comporta una pessima gestione esercitato soprattutto da chi in virtù di una elezione associativa era convinto di poter fare e soprattutto di saper fare e bene. Un modello dove si partecipa ad appalti pubblici al pari di una qualsiasi azienda non per portare a condizioni migliorate l’azione di Croce Rossa sui territori ma solo per finanziare una elefantiaca ed inutile struttura e provare a sostenere l’insostenibile. Ecco anche perché i Corpi Ausiliari, Corpo Militare e Crocerossine, sono fuori da ogni previsione, fuori dal loro stesso futuro.

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L’Associazione inclusiva, quella del “tutti fratelli”, quella che si vanta di combattere discriminazioni e vulnerabilità e poi, a porte chiuse, stigmatizza e discrimina ha risposto con provvedimenti disciplinari illegali ed insensati. Da allora, si tratta di ben sei anni fa, non è cambiato praticamente nulla ed il fenomeno si è espanso a macchia di leopardo coinvolgendo praticamente tutte le regioni italiane. A prescindere dalle criticità che purtroppo riguardano i singoli lavoratori e le loro famiglie, di queste condotte dannose nessuno è mai ritenuto responsabile e soprattutto si continuano ad applicare sempre gli stessi modelli, fatti di inadeguatezza, di incapacità gestionale, di mancata analisi della sostenibilità nel tempo di processi e progetti che non sono compatibili con la natura dell’Associazione.

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Il problema fondamentale è proprio questo, non si comprende, o si fa finta di non comprendere, che per preservare il carattere umanitario e volontaristico di un consesso nobile ed ispirato come è la Croce Rossa Italiana si deve prescindere da qualsiasi valutazione di tipo aziendale. Invece si assume senza controllo e senza selezione personale che dopo le prime necessità non si sa più come poter retribuire. E quindi di cerca di partecipare ad appalti, ci si infila in progetti più grandi delle potenzialità di risposta, si entra nel mercato della solidarietà e dell’assistenza senza capire che si sta snaturando l’essenza stessa dell’Associazione, che la dipendenza economica fa venir meno il Principio di neutralità, che basta far finire un appalto per gettare nella disperazione pura decine e decine di famiglie.

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In un altro momento vi avrei cominciato a snocciolare dati presi pari pari dal bilancio nazionale, vorrei cercare di cambiare registro e vi invito ad andare a consultare il bilancio di previsione per l’anno 2024, disponibile sul sito nazionale. Andate a vedere quanto incide il personale dipendente sull’intero ammontare del contributo che tutti gli italiani, per mezzo delle loro imposte, pagano anno dopo anno all’Associazione. Fate uno sforzino, acquisite senso critico e mi direte poi se sia o meno vero, come vado dicendo da anni, che la Croce Rossa è veramente un’altra cosa.

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