20 Febbraio 2024

Un serparo tira l’altro

By Cristiano Degni

Un altra firma e via, il Comune di Santa Marinella è diventato proprietario di un altro immobile. Si continuano ad iniziare cantieri ed acquisire fabbricati senza che dietro a questo flusso di soldi e di iniziative esista una precisa strategia e soprattutto senza che nessuno vada ad incasellare i beni e le strutture di nuova acquisizione in un piano generale di sostenibilità. Quando poi queste attività saranno a regime al primo intoppo saranno abbandonate e chiuse, diventando quello che il Mago Oplà da sempre ama definire il “serparo” e venendo svenduti a beneficio non si sa di chi. Un esempio lo abbiamo sotto gli occhi e si chiama piscina comunale.

Il progetto della piscina è una delle meraviglie che abbiamo acquisito dalla pianificazione urbanistica degli anni 80/90, quando si concordava con un’Impresa affamata di volumetrie che questa in cambio di un ampliamento del costruibile avrebbe regalato alla Città una cosa di cui la Città aveva bisogno e se non lo avesse fatto al tempo del fine lavori avrebbe pagato una penale. Il trucco era nel sottovalutare la penale e fare in modo che al posto del prezzo del mancato adempimento l’imprenditore pagasse soltanto un tot in più, un modo elegante e legale per aumentare la cubatura a disposizione senza creare troppi casini. In questo modo la mia Città ancora attende un paio di auditorium e qualche altro soprammobile qui e la.

La piscina quindi rimase sulla carta fino a quando “er querela” riusci a strappare l’opera dalle mani del Sindaco Bordicchia per farne uno dei capitoli del suo “Santa Marinella la voglio così” e poi dell’ennesimo libro dei sogni. Finanziamenti, mezzi propri, tanto denaro e impegno, progettazioni, collaudi e molto urlare intorno a quella buca che già era evidentemente collocata in una posizione scomodissima ma era diventata una bandiera di un modo di intendere il governo di una Città complessa come la mia fatto a colpi di mattoni e di cose tangibili ma intoccabili, belle da vedere ma non utili a nessuno. Bacheca finisce la costruzione e la inaugura ma alla seconda curva tutto l’apparato finisce fuori strada e il salvadanaio in cui ho messo i soldi delle mie imposte locali assieme ai miei concittadini, oltre qualche milione di euro di finanziamento, è diventato il castello degli orrori e presto sarà alienato a chi, con due banconote, avrà occasione per portare a segno l’ennesima scorreria impoverendo ancora di opportunità e di speranza questo aridissimo territorio.

Il problema è nella visione, nella ricerca di una strategia, nel voler scimmiottare a tutti i costi l’aziendalismo privato con i soldi degli altri, senza rischiare mai e senza confrontarsi mai con chi dovrebbe trarre beneficio da questi investimenti e da queste pseudo grandi opere. C’è una logica dell’accumulo che ricorda un Verga nella sua prima maniera. La roba innanzi tutto, per poter dire alle generazioni future “vi ho lasciato questo e quello” quando queste stesse generazioni vorrebbero sentirsi dire che invece di mattoni cadenti e strutture inutilizzabili a loro siamo riusciti a lasciare servizi, opportunità, strade per andare incontro al futuro. Non è strategicamente corretto agguantare un finanziamento perché è li nel bando, acquisire un bene perché è in vendita, contrarre un mutuo perché oggi lo danno e domani non si sa. La visione strategica richiede anche una valutazione di sostenibilità degli impegni che oggi nessuno riesce a redigere, nessuno vuole immaginare cosa sarà della struttura che oggi è stata acquisita tra soli dieci anni e cosa sarà fatto al posto del vecchio cantinone che dalla stampa pare dedicato, con i suoi spazi non certamente immensi, a sei o sette usi differenti, tanto per non scontentare nessuno come è successo per la struttura alla 167 di Santa Severa.

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E’ proprio la mancanza di sostenibilità a fare in modo che la piscina del triangolone sia adesso in vendita, come probabilmente sarà in vendita tra qualche anno la struttura di Torre Chiaruccia, dopo che ci avremo speso, tutti, milioni di euro e dall’operazione avranno guadagnato soldi soltanto gli appaltatori e tutti quei soggetti retribuiti con un premio sugli appalti che controllano. A che serve continuare a piantare bandierine e tagliare nastri? Il prestigio e l’appeal di una Città non si amplificano con le transenne dei cantieri ma aumentando il livello di vivibilità e di inclusività, allargando l’offerta ricettiva e quella turistica, esercitando una forte politica sul lavoro e sullo sviluppo, altrimenti correremo il rischio che i futuri visitatori del museo marconiano andranno a mangiare a Civitavecchia, a dormire a Cerveteri e tra una sosta e l’altra si romperanno il malleolo inciampando in un sacchetto di immondizia e finendo in una buca stradale perché il marciapiede non era illuminato e l’ambulanza, partita da Tarquinia, li porterà al pronto soccorso di Bracciano.

Basta cattedrali nel deserto, basta spendere le risorse della Comunità per assegnare poi, spesso senza gara, gli impianti costruiti con i denari di tutti a solo pochi fortunati, basta addossare le colpe a chi a preceduto per poi accollare gli oneri a chi seguirà. Il presente va vissuto con dignità ed impegno per costruire le basi, solide, di un nuovo modo di pensare questa meravigliosa Città con la visione, condivisa, di un futuro fatto di sviluppo e prosperità in cui le opere pubbliche debbano essere a servizio della collettività e non solo di pochi fortunati.

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