23 Marzo 2021

Croce Rossa: calciando verso il cielo.

By Cristiano Degni

Mi torna in mente l’11 luglio 1982, stadio Santiago Bernabeu, in campo Italia contro Germania per la finale dei mondiali. Rigore per l’Italia, Cabrini sul dischetto, calcia, sbaglia. Vi ricordate poi com’è finita? Stacco, altra immagine, il trenino che alla fine è arrivato nella stazione, ha fatto ciuf ciuf e non si è fermato, non ha fatto salire nessuno.

C’è chi dice di aver vinto, nella sua strabordante comunicazione l’attuale Presidente nazionale dice che la magistratura romana ha messo una pietra tombale sulla questione di irregolarità elettorale sollevata dal candidato Scelli e lo dice alla sua solita guascona maniera, esagerando in maniera incolta e smodata.

In realtà la magistratura romana, con il comodo che la distingue, non si è mai pronunciata sulla vicenda elettorale. Per chi non ha seguito con la dovuta accortezza la vicenda del ricorso ovvero non possiede gli strumenti culturali adatti, voglio spiegare la situazione. Maurizio Scelli, convinto che le elezioni siano state organizzate, indette e tenute in maniera non conforme ai regolamenti interni della Croce Rossa Italiana ed alla Legge, ha presentato ricorso alla magistratura competente territorialmente e per materia. Instaurato il giudizio di cognizione di primo grado ha introdotto una domanda cautelare considerando che contando sul fatto che il riconoscimento giudiziale delle sue ragioni potesse giungere dopo qualche anno, sarebbe stato necessario anticipare una statuizione pur provvisoria perché, non potendo il giudice sospendere il decorrere della vita associativa, quando la sua proclamazione come presidente fosse giunta ad esempio nel 2024 l’unico atto del Presidente Scelli sarebbe stato quello di indire nuove elezioni a causa del decorso del quadriennio e, ironia della sorte, questo mandato di poche settimane gli sarebbe valso per il computo dei due mandati consecutivi danneggiandolo, quindi, invece che agevolarlo.

Istruito il procedimento cautelare, che per sua natura tende a costruire decisioni suscettibili di demolizione completa nel successivo giudizio ordinario, il suo giudice ha emesso un’ordinanza che ne declina la competenza in ragione del fatto che secondo lei Maurizio Scelli ha presentato le medesime richieste, inesistenza della qualità di socio, superamento del doppio mandato ed irregolarità del voto elettronico, che sono alla base del giudizio ordinario di cognizione. Secondo il giudice romano non si possono instaurare due procedimenti con le medesime richieste ma quella della fase cautelare deve essere necessariamente sussidiaria a quella della fase principale. Una tesi talmente ardita che non è stata nemmeno pronunciata la apparentemente ovvia condanna alle spese.

Non è vero quindi che è stata messa una pietra tombale, come dice l’istrionico presidente, sulla questione di regolarità delle elezioni. L’esame della questione non è ancora stato nemmeno iniziato, la cosa è pendente e dovrà essere in questo stato ancora purtroppo a lungo. Le squadre quindi hanno appena terminato il riscaldamento, è stato fischiato l’inizio della gara e Scelli ha voluto a tutti costi tirare un rigore che è finito tra le stelle. Pazienza, la partita è appena ai primi minuti di gioco, c’è ancora tempo per andare in gol.

Quello che Scelli nei suoi atti giudiziari non è riuscito a costruire e che credo nel giudizio di merito vada invece illustrato con dovizia di particolari, è il clima attraverso il quale si è giunti al momento del voto, con una compagine che si è potuta scegliere a colpi di radiazioni gli avversari, che si è nominata i garanti elettorali, si è scritta le regole del voto e si è scelta, da sola, anche i tempi, sbagliandoli. La stessa compagine che da Natale a Pasqua è stata seduta sui chiodi con il fiato corto, che oggi reclama la correttezza ed il decoro istituzionale ma fino a ieri ha avuto paura che qualcuno riuscisse a strappare i lucchettini che chiudono ancora i cassettini.

Oggi si cambia registro, declama il presidente, annunciando praticamente la prossima radiazione di Maurizio Scelli, in nome della normalità del nulla, di una tutela dei Principi ormai universalmente usati per celare interessi. Il cammino sarà lungo ma la giustizia dovrà certificare che questa azienda anomala non si può chiamare Croce Rossa Italiana. Il processo di normalizzazione iniziato con la privatizzazione sta passando anche attraverso lo spianamento dei Comitati che non si allineano ai desideri egemonici di qualche piccolo despota vestito da Presidente regionale ma ce ne faremo una ragione. Anche noi abbiamo ragione, anzi abbiamo molto più delle vostre diecimila ragioni per rimanere orgogliosamente fedeli ad un’Istituzione che avete usato per i vostri interessi. Ciuf ciuf.