7 Maggio 2022

Una domanda sola: perché ?

By Cristiano Degni

Ho avuto tra le mani, come tanti nel nostro ambiente, il provvedimento con il quale il Tribunale di Roma ha sospeso il commissariamento del Comitato CRI di Frosinone e la nomina del suo commissario.

Sono intervenuto poco su questo argomento perché, commissariato a suo tempo anch’io, so che quando il Consiglio direttivo nazionale decide di intervenire con il martello su un consiglio direttivo locale lo fa espressamente, nella assoluta maggioranza dei casi per ragioni politiche interne. Quando di deve commissariare un Comitato per questioni di ingovernabilità o strettamente amministrative di solito, e di esempi a partire da Como che è sotto gli occhi di tutti, chi si deve muovere lo fa sempre con un ritardo tale che non solo i vari bovini hanno lasciato la stalla ma i danni reputazionali sono diventati elevatissimi. Sappiamo bene come l’azione di Croce Rossa sui territori sia da mettere sempre in relazione non con i fatturati ma con la credibilità che si costruisce, con i fatti, giorno dopo giorno.

Il provvedimento, emesso nella fase cautelare ed in sede di reclamo, è immediatamente efficace ed esecutivo, quindi il presidente legittimamente eletto, Antonio Rocca nella specie, è di nuovo al suo posto, nulla valendo i verbali, le ordinanze e tutti gli atti emessi per tentare di limitarne l’agibilità associativa. La cosa però esplosiva è la sistematica con la quale la Corte romana demolisce il castello di accuse che erano state avanzate contro il Volontario che si è voluto far eleggere in un Comitato che invece altri avevano, da anni, considerato cosa propria.

In buona sostanza il Tribunale di Roma ha sentenziato che il provvedimento di commissariamento era ingiusto ed immotivato ed ha determinato “il serio pericolo di un pregiudizio irreversibile al diritto del sig. Rocca di esercitare le funzioni pertinenti alla carica di Presidente dell’associazione, per la quale è stato democraticamente e regolarmente eletto”. Magari nei prossimi giorni potrà essere utile, ma non divertente, andare ad analizzare i quattro o cinque passi che la Corte romana ha voluto sottolineare nel giustificare l’inefficacia e l’assenza di motivazione nel provvedimento di commissariamento. A questo punto la domanda è una sola, perché un consiglio nazionale di un’associazione di volontariato, anomala secondo me ma pur sempre di volontariato, che è composto anche da giuristi e che si avvale, non in forma gratuita, di numerosi avvocati ha voluto ad ogni costo emettere un provvedimento che all’esame di un Tribunale è risultato illegittimo? Perché?

La cosa assolutamente suggestiva è anche il fatto che proprio gli atti propedeutici, lo stillicidio di ispezioni, controlli e verifiche, le convocazioni innanzi alla presidenza regionale, i verbali in cui i volontari esprimevano giudizi di valore sull’operato del loro stesso Presidente, poi peraltro giudicati inefficaci dal Tribunale, assieme alla formula di stile con cui si è redatta la stessa ordinanza di commissariamento costituiscono una costante in tutti gli altri momenti commissariali che da qualche anno stanno piovendo sulla testa di presidenti che in comune hanno una sola cosa: la loro presa di distanza dal modo autosufficiente di gestire una meritoria Istituzione come fosse proprietà privata.

La differenza tra questo e centinaia di altri casi forse è nella “testa dura” del protagonista, nella sua convinzione di essere nel giusto, nella caparbietà con la quale si vuole dimostrare di non avere altri interessi che quello per il bene comune. Magari in altri casi, i più numerosi, di fronte alla geometrica potenza spiegata da un’associazione che è in certi sui vertici umanitaria solo sulla carta, si è preferito girare le spalle, magari in ossequio alla necessità di guadagnare tranquillità ed andare a distribuire il proprio amore per gli altri in sedi differenti.

Però mi continua a ronzare in testa la stessa domanda: se la Corte di Roma ha bocciato in ogni motivazione il provvedimento di commissariamento, perché nonostante i contrari avvisi e le richieste, numerose, di riesame in autotutela avanzate dallo stesso presidente commissariato qualcuno è voluto arrivare fino a questo punto? Perché?