21 Febbraio 2021

L’imparzialità alla vaccinara (seguitemi per altre ricette)

By Cristiano Degni

Una delle metodologie canoniche di conservazione del potere consiste nell’elaborazione di una neolingua nella quale oltre a coniare vocaboli nuovi, spesso semplicemente incomprensibili acronimi, si svuotano di significato alcuni termini noti e di portata universale per sostituirne il contenuto con concetti di basso livello ed altissima utilità.

Così in questa immensa associazione di volontariato anomalo che è adesso la Croce Rossa Italiana non avendo ancora terminato il proprio processo di aziendalizzazione, ci si riempie la bocca con termini universali quali imparzialità ed indipendenza ma si lotta con determinazione e poco coraggio per determinare lo spessore della fetta di pane da tagliare, ma non condividere, dalla pagnotta che va difesa con le unghie e con i denti.

La vaccinara in bianco

Grande scalpore ha suscitato oggi un post sui social del presidente in pectore di CRI Maurizio Scelli il quale voleva suggerire a chi avesse avuto orecchie per intendere che al posto di chiunque altro si fosse limitato a fare passerelle ed a farsi vaccinare tra i primi – probabilmente rientrando in una qualsiasi categoria a rischio – avrebbe fatto di tutto per mettere le Crocerossine in prima linea a somministrare i vaccini contro la CoViD-19. Immediatamente si sono sollevati tutti quelli che amano interpretare a modo loro le Leggi dello Stato prima ancora di infrangerle e che hanno iniziato ad elucubrare ( questa ve l’ho messa per dispetto domenicale, andatevi a cercare cosa significa, dai) ed a dibattere sulla possibilità, pur in emergenza, per una Sorella di inoculare chicchessia. Il problema, dal mio punto di vista, l’ho analizzato più volte, concludendo sempre nella stessa maniera. Era necessario rispettare la Legge, sempre, e contemporaneamente dare un senso ai 24 mesi di corso – più il tirocinio ospedaliero – seguito dalle aspiranti Sorelle che oggi si ritrovano con un diploma, troppo spesso pagato e non ancora consegnato, che non le abilita ad altro che a eseguire le stesse attività che una Volontaria con diciotto ore di corso base può fare. Una Ispettrice che avesse avuto a cuore le sorti del Corpo che le era stato affidato avrebbe esercitato le pressioni consentite dalle sue stesse prerogative e dalla sua carica sul Governo ed i Ministri competenti per dare giustizia a chi aveva fatto questa scelta in tempi anteriori ed automaticamente ottenendo una variazione del corso di studi, per le Sorelle in divenire, che avesse consentito loro di mettere a frutto tanto impegno. E questo non è successo, rimanendo tale macchia indelebile nel curriculum dell’attuale Vertice delle Sorelle. Con l’unica eccezione che è stata, recentemente, quando non sono disponibili i benefici di legge per le Crocerossine che fanno le sanitarie di professione, e allora vanno bene anche le “Crocerossine qualsiasi”, come le definisce la Segretaria generale. Il resto sono chiacchiere che rientrano nel novero dei vari diremo, faremo, otterremo ma che contribuiscono alla dissoluzione inarrestata ed inevitabile di una gloriosa Istituzione, con un vertice che poteva ma non ha voluto fare.

I mille sapori dell’imparzialità

Tra le cose che abbiamo imparato in questo lungo periodo di lockdown colorato a chiazze, a proposito di neolingua, è ad usare il termine “congiunto” naturalmente esistente nel nostro vocabolario ma quasi desueto ( pure questa andatevela a cercare ). Quale può essere allora il grado di imparzialità del Capo assoluto della psicopolizia associativa, quello ormai notissimo per la sua cultura ingegneristico-giuridica con la quale monta e smonta castelli in aria ed attua radiazioni di massa allo scopo di conservare la purezza dell’Ente quando nell’Associazione stessa lavora un suo congiunto che in poco tempo è diventata “Sustainability and Social Responsibility Specialist”. Naturalmente sarebbe un cretino chiunque collegasse la prevista promozione di questa bravissima signora con l’elevata capacità dell’ingegnere di togliere dai piedi del suo capo chiunque si frapponga tra lui ed il controllo militare dell’Associazione, di chiunque si voglia candidare ovvero osi in ogni maniera possibile dissentire, perché la dissenteria, sappiamo tutti, è cosa non buona né elegante.

Indipendenti da cosa?

Naturalmente i dubbi che ho appena manifestato sarebbero stati a suo tempo chiariti, come spero vengano chiariti nell’unica maniera possibile, eliminando cioè la posizione di incompatibilità che ho appena denunciato, se l’elenco dei dipendenti dell’Associazione fosse stato reso pubblico come giusto e legale. Come pubbliche dovrebbero essere le condizioni patrimoniali dei vertici associativi. Vi ho raccontato che ho chiesto, come da pec che vi mostro qui

messaggio-pec

di sapere se i vertici dell’associazione, nella specie Francesco Rocca, Gabriele Lupini e Romano Tripodi, percepissero “compensi, retribuzioni o emolumenti a qualsiasi titolo anche in maniera aperiodica o saltuaria, nel presente periodo e/o nei sei mesi precedenti da parte dell’Associazione nazionale della Croce Rossa Italiana o di qualsiasi altra sua articolazione, con sede in Italia o all’estero”. La richiesta, formale, è stata avanzata il giorno 8 luglio scorso e sempre in maniera formale reiterata e sollecitata nel successivo settembre. La mia non è una curiosità morbosa ma la necessità di comprendere, in un’ottica di massima trasparenza e con spirito collaborativo, come funzionasse una carica di vertice di cosa campasse, per dirla semplicemente alla buona e per mero attuale esempio, il nostro nuovo presidente nazionale visto che è avvocato di professione ma da quello che sono riuscito a sapere frequenti le aule di giustizia solo quando si tratta di tormentare attraverso un uso anormale della Giustizia ogni volontario che si ponga domande non consentite mentre gli stessi social lo riprendono, ogni giorno di ogni mese, impegnatissimo da mane a sera a rappresentare non solo l’Associazione nazionale ma anche la Federazione internazionale in giro, dappertutto. Naturalmente alla mia lecita domanda chi di dovere poteva rispondere anche un semplice “no, non percepiscono” , senza necessità di documentare o approfondire. Non rispondere affatto, quindi anche semplicemente negando, significa implicitamente ammettere e per questa ragione la mia, e credo anche la vostra curiosità, aumentano come aumenteranno nei prossimi giorni. Di questo si deve prendere atto in ogni ragionamento e considerazione mentre avrete la compiacenza di notare come si sia passati dalla vaccinara all’ossobuco in una frazione di secondo. La pentola sta bollendo.